Dal 31 gennaio 2012 tocca a noi, su Mike Kelley. Raccontare di lui, top artist no, pregiata scuderia sì – Gagosian, ça va sans dire – bulimico, esploratore, poliedrico, di multiforme ingegno, incantatore. Tocca e poi affonda in tutto: artista, regista, scrittore, musicista. E non solo. Vive. Alle definizioni sa sfuggire come pochi altri sanno. Non c’è quasi strada che non sappia percorrere, come se gli dispiacesse – scegliendone una sola – perdere gli incontri e le esperienze e le occasioni possibili in tutte le direzioni. Arte totale, questo il suo spirito, questa la via dell’ultimo progetto, rimasto incompiuto.
Arte, musica, cinema, psicoanalisi, ufologia, tecnologia. Interessi, riflessioni, con lui si va a fondo, ti lasci guidare e sai da dove parti, forse, ma non sai dove arrivi perché prima o poi resterai attratto e affascinato da altre vie, ramificazioni che la sua creatività ti propone. Un intenso minisaggio intitolato Di tutto un pop. Un percorso fra arte e scrittura nell’opera di Mike Kelley e scritto dal giornalista e dottore di ricerca in Estetica Marco Enrico Giacomelli per Johan & Levi Editore sceglie l’unità di misura per parlare di lui: la scrittura, l’elemento in lui meno conosciuto, tuttavia quello che convive con tutte le sue opere, imprescindibile. Per conoscere meglio Kelley, dopo che hai incontrato le sue installazioni di peluche e bambole di pezza e la musica della sua band Destroy All Monsters e tutta la sua generosa opera, è bene sapere della sua scrittura. Che si trova nei primi lavori come image-text negli script delle performance, dotati di vita propria, nobili e non asserviti allo scopo tecnico. In seguito, statements, saggi sparsi. Poi la scrittura curatoriale. E ancora gli “esercizi stilistici”. Mille pagine, fra tutto. La scrittura in lui è signora e non si abbassa o crede al pre-giudizio comune secondo cui lo scritto d’artista – complice l’assenza di distanza fra opera e suo commentatore quando si trovano riuniti in una figura sola – sia di poco valore.
Kelley scrive. Realizza interviste. Soprattutto a personaggi con i quali ha legami o affinità, musicisti, registi, artisti sperimentali. Giacomelli mette in luce le sue collaborazioni musicali, il suo ruolo nell’aver raccontato l’esperienza anni Settanta e Ottanta della contaminazione fra arte e musica, con la formazione delle art band e l’uso crescente di avvalersi del talento di artisti per le copertine di dischi. Argomenti cari a Kelley e a lui familiari per via della sua esperienza con i Destroy All Monsters e altre band fra cui i celebri Sonic Youth. Se Kelley è noto soprattutto per essere stato l’artista delle installazioni di peluche e bambole di pezza, è egli stesso a raccontare nei suoi scritti molto di ciò che svela senso e significato di quegli elementi. Lo fa con riferimento alla psicoanalisi e alla cosiddetta Sindrome della Memoria Repressa, lo fa tenendo presente Freud ma non condividendone per filo e per segno il pensiero. Anzi, la psicanalisi è psicanalizzata, a lui piace portare alla luce il nascosto, metterlo alla vista di tutti per scoprire che le cose, lì esposte, sortiscono l’effetto di tante lettere rubate appoggiate sul camino, come quella del racconto di Poe. Portare alla luce il nascosto, l’inapparente, l’ambiguo, gli piace. Cosa sono quelle bambole sporche? Consunte dall’usura o macchiate della vista di qualcosa che è inopportuno vedere? Se anche non fossero sporche, sarebbero comunque ambigue: una rappresentazione disfunzionale dell’idea di bambino, prodotta dai grandi e da una nozione corporate di famiglia. E cosa sono questi alieni di cui scrive quando tratta di ufologia? Proiezioni dell’inconscio? La navicella fredda e tecnologica che custodisce presenze aliene spesso immaginate secondo vari gradi di repellenza, viscosi, appiccicosi, connotati fisicamente come schifosetti e quindi opposti al liscio pulito metallo della nave? Forse un nostro modo di vedere il rapporto fra l’interno e l’esterno del nostro corpo, che si presenta meravigliosamente perfetto fuori, putrido dentro. Ciò che conta è che sono elementi perturbanti: uncanny, tema caro e di freudiana memoria, a cui l’artista dedica una mostra importante.
Ma non si creda troppo al suo credere troppo nella psicanalisi. C’è di più nella sua arte totale: c’è la capacità di fare da collettore di energie intellettuali ed espressive, di riflessioni legate a un determinato argomento. Kelley le capta e le convoglia in uno scritto, in una performance, in un video. C’è tutto, perché Kelley è stato semplicemente uno degli artisti più originali della nostra epoca, in grado di influire, in grado di far procedere l’opera e il suo commento su un binario che ti porta continuamente dentro e fuori in un’esperienza che non finisce mai. Chi lo sa se aveva mai letto Se una notte d’inverno un viaggiatore?
ClaRa
Di tutto un pop. Un percorso fra arte e scrittura nell’opera di Mike Kelley
Marco Enrico Giacomelli
Johan and Levi, Milano 2014
Pagg. 72, € 9
ISBN 9788860100832