Da tempo l’immagine in movimento è entrata a pieno titolo nel reame dell’arte e, di conseguenza, nelle più importanti collezioni pubbliche e private. Consapevole dell’importanza e complessità che questa forma di espressione artistica ha via via acquisito, François Pinault ha negli anni arricchito la sua collezione di numerose opere video, film e installazioni, una parte delle quali è ora presentata al pubblico nella mostra collettiva La voce delle immagini, a cura di Caroline Bourgeois, allestita presso Palazzo Grassi a Venezia. È la prima volta che la prestigiosa sede della Pinault Foundation ospita un progetto espositivo dedicato esclusivamente a tale ambito della creazione artistica, e ciò avviene attraverso un criterio selettivo ben ponderato, in cui il gioco di giustapposizioni e contrapposizioni semantiche e visive genera un perfetto equilibrio estetico ed emotivo.
Le circa trenta opere in mostra, realizzate da 27 artisti di nazionalità e generazioni diverse, mettono in luce la pluralità di approcci dell’artista contemporaneo nei confronti dell’immagine in movimento, sottolineando le innumerevoli forme di intersezione tra questa e le altre tecniche e discipline. Efficace e congeniale, a tale proposito, è la scelta allestitiva di segnare il passaggio da una sala all’altra attraverso una spessa tenda: una sorta di soglia da varcare che prepara lo spettatore a calarsi in una nuova dimensione e a vivere, opera dopo opera, una diversa esperienza fisico-percettiva.
In un percorso punteggiato da contemplazione e tensione, ansia e stupore, ci si trova dinnanzi a videoinstallazioni dal forte accento simbolico, come quelle di Bruce Nauman (For Beginners) e di Bill Viola (Hall of Whispers), e ci si confronta con le contraddizioni del mondo odierno, attraverso progetti come Whose Utopia di Cao Fei e Bureau Augmenté di Michel François.
In talune opere è il ruolo del dispositivo e il gusto per la sperimentazione a prevalere e suggestionare (Campo San Samuele di Zoe Leonard e Recessionale di Paul Chan), in altre è l’elemento sonoro a coinvolgere, accentuando la carica espressiva dell’immagine, come in Joueur de flûte di Adel Abdessemed e in Jewel di Hassan Khan. E se lavori come Pierce e Eyes, rispettivamente di William L. Pope e Peter Aerschmann, optano per la decostruzione del dato reale, con effetti a tratti conturbanti, La Passion de Jeanne d’Arc di Javier Téllez, A Declaration di Yael Bartana e Siraat di Abdulnasser Gharem impiegano l’immagine in movimento per ricostruire e narrare delle storie, reali o immaginarie, ad ogni modo toccanti.
Infine, mentre i protagonisti dei video Uomoduomo di Anri Sala e Hunde di Fischli e Weiss chiamano all’appello sentimenti quali la pietà e l’empatia, le opere Vertical Attempt di Mircea Cantor e The Magic of Things di Mark Wallinger, entrambe venate di surreale genialità, rimandano all’innocenza infantile e all’universo onirico, completando un itinerario fatto di sensazioni, ritmi e figure che ben esemplifica quanto l’immagine in movimento sia un medium flessibile e dinamico, in grado di indagare e rivelare la contemporaneità in tutte le sue molteplici sfumature e sfaccettature.
La voce delle immagini
Palazzo Grassi, Venezia
Fino al 13.01.2013
Francesca Cogoni