Si è da poco conclusa a Milano la seconda parte del Danae festival, tenutasi dal 23 al 30 novembre, al suo quindicesimo anno di vita. Festival di arte performativa concepito da Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani del Teatro delle Moire, interessati a rendere visibili esperienze artistiche nuove della scena contemporanea, ha dato prova anche stavolta di solidità e audacia organizzative. Il progetto ingloba invero linguaggi artistici eterogenei seppure congiunti, dalla danza alla performing art alla musica, dalla videoarte al cinema in un’orchestra esecutiva lontana dai percorsi già battuti dei soliti festival di teatro.
L’intenzione è resa esplicita da Alessandra De Santis, che tiene a sottolineare il moto di sperimentazione che scuote le logiche del Danae: “Andare con un altro passo, altri ritmi, fuori dalla mischia, con pochi preziosi compagni. È lì che succede qualcosa e che si può di nuovo cominciare la ri-creazione”.
Una sperimentazione particolare è però la loro, intenzionalmente disgiunta dalla morsa della novità: “Siamo convinti che il teatro produca un sapere che va ben oltre gli eventuali spettacoli, un sapere prezioso che non si può quantificare o etichettare. Il teatro non va consumato, va accudito. Proprio per questo, come facciamo da tempo, vogliamo programmaticamente uscire dalle logiche perverse del nuovo e della prima a tutti i costi, dando spazio a lavori particolarmente significativi che non sono mai stati visti a Milano o che sono stati visti poco in Italia”.
Un programma di raro pregio ha confermato la volontà di ricerca artistica che caratterizza il festival. L’apertura è stata affidata all’incensato Sakinan göze çöp batar – È l’occhio che proteggi che sarà perforato – di Christian Rizzo, in prima nazionale al PimOff, spettacolo che sviscera la condizione di solitudine dell’esilio da una prospettiva inedita, quella del danzatore che si appropria dei movimenti del coreografo, in una cornice esistenzialista dell’esilio che vede nel corpo esecutore la metafora perfetta del corpo sradicato e perciò quasi scorporato. Domenica 24 la conferenza affidata a Costanzo e De Col al LachesiLAB introduce lo spettacolo dei tre giorni successivi alla Zona K, Eden dell’artista slovena Mala Kline, e il loro progetto, la trilogia Anne Sexton: Cleaning the House inserita nel programma di Autunno Americano promosso dal Comune di Milano e omaggio per evocazione alla grande poetessa americana.
La chiusura del festival è stata affidata a due spettacoli di Costanzo e De Col sempre incentrati su Anne Sexton, il 27 e il 28 Novembre In casa con Anne Sexton e il 29 e il 30 Cocktail con Anne Sexton, entrambi al LachesiLAB.
L’impostazione di questa seconda parte del Danae Festival ha offerto un respiro più internazionale, motivato anche dal fatto di esser “partner di Open Latitudes, una rete di festival internazionali che ha base in Francia e che si occupa di sostenere le cosiddette forme ibride della scena, sia dal punto di vista produttivo che da quello delle residenze e della distribuzione” riferisce ancora Alessandra De Santis.
Il valore pineale di un festival del genere sta proprio nel suo essere inclassificabile, nella sua mobilità linguistica e anche materiale, essendo un festival “fuori luogo”, coltivando una vocazione nomade attraverso la ricerca spazi inconsueti e diversi, per accogliere progetti site specific che abbiano rispondenza con il territorio e le architetture della città.
Laura Migliano
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