Metodi che permettono il controllo minuzioso delle operazioni del corpo,
che assicurano l’assoggettamento costante delle sue forze
ed impongono loro un rapporto di docilità-utilità:
è questo ciò che possiamo chiamare «le discipline»
Michel Foucault, Sorvegliare e punire
Cosa c’è di più fragile di un castello di carte? Un castello di bicchieri. Ed è proprio questo l’elemento più riconoscibile del lavoro di Claudia Maina, le cui installazioni sono palazzi di vetro che si arrampicano attraverso moduli in bilico. Le sue architetture improbabili sono costruite da bicchieri appoggiati l’uno sull’altro in una struttura dall’equilibrio assai precario che si inerpica su progetti pericolanti, spudoratamente deboli, abitati da omini-cimice in legno ciascuno chiuso all’interno del proprio bicchiere. Questi personaggi in miniatura, ben sigillati e isolati, sono fissati in una staticità dalle posizioni paradossali, circensi, evidentemente contrarie a ogni possibile equilibrio fisico: in bilico su delle ruote, sospesi a mezz’aria, appoggiati ad arti irrealisticamente allungati e piegati, capolvolti a testa in giù, sono individui costretti a non raggiungere mai una situazione di riposo. Esposti nella loro cella trasparente, messi in vetrina, e tenuti sotto controllo l’uno dall’altro con sguardo tanto vigile quanto impietoso, devono mantenere il loro ruolo poco spontaneo e tenersi rigidi in un’ immagine distorta di sè. Fino allo stremo delle forze.
Queste strutture sono, ovviamente, una metafora della condizione dell’uomo contemporaneo e del tessuto sociale che si è costruito. L’artista stessa sceglie per questa situazione l’aggettivo “docile”, avendo in mente la condizione di subalternità degli individui che si lasciano manipolare e controllare in modo consapevole e spesso accondiscendente dal sistema economico e politico, dalle logiche di mercato e di produttività, dai meccanismi di accettazione/esclusione e dalle regole del giudizio sociale. Da tutto questo reticolo di imposizioni più o meno evidenti e coercitive, l’uomo è racchiuso come in una gabbia. Il corpo invisibile delle nostre attività intellettuali ed emotive, viene come imbottigliato e messo sotto vetro, costruendo una struttura che si regge sull’accumulo di isolamenti. I modellini architettonici dell’artista sono quindi del tutto simili a delle prigioni e in particolari a quelle descritte da Michel Foucault nel saggio Sorvegliare e punire dove viene analizzato un allora nuovo sistema di carceramento, sistema che in modo più ampio veniva applicato in tutti gli ambiti in cui il potere aveva bisogno di creare disciplina: dalle scuole agli ospedali. Una disciplina che secondo lo stesso Foucalt serve a creare quelli che chiama “corpi docili”, fortemente voluti dal potere economico e politico perchè ideali a fronteggiare le velocità e le complesse esigenze dell’epoca moderna. Nel saggio, si parla dell’osservazione come strumento principale per la creazione di questa docilità. I soggetti devono essere, o almeno ritenersi, sempre sotto la possibilità di essere visti, controllati e monitorati, in modo tale da non potersi abbandonare ai loro atteggiamenti naturali e far lentamente diventare la disciplina un elemento inscindibile da se stessi. Si tratta, quindi, di un modellamento interno degli individui, considerato ancora più crudele dei lavori forzati in quanto obbliga l’uomo a uno snaturamento intimo ai fini di un’utilità esterna programmata.
Le installazioni di Claudia Maina sono analisi di questi meccanismi che hanno fatto effettivamente da base a tutte le strutture sociali dall’era moderna in poi, proprio come aveva previsto Foucault. La prigionia, l’isolamento, la sorveglianza continua gli uni sugli altri attraverso le pareti trasparenti, gli schemi di non-comunicazione, la rigidità comportamentale, creano un’esplicita manifestazione visiva dell’innaturalezza nei meccanismi sociali, perfino quelli apparentemente più intimi. Pur appartenendo allo stesso macro-organismo, alla stessa società, pur essendo legati gli uni agli altri da una forza che o sorregge tutti o collassa l’intera struttura, ognuno vive isolato e solo, imprigionato da una gabbia trasparente, ma così densa da risultare palpabile.
Carolina Lio
Claudia Maina: corpi docili
a cura di Carolina Lio
dal 15 al 30 settembre 2012
opening: sabato 15 Settembre, ore 19.00
GESTALT GALLERY
http://www.gestaltgallery.it/
Pietrasanta, Lucca