Improvvisamente le cose parlano. Alcune sussurrano, altre urlano: aeroplani ascoltano e automobili chiacchierano fra loro, oggetti di vario genere percepiscono la nostra presenza o assenza, i nostri stati d’animo, registrano e analizzano le nostre azioni, conservano le nostre memorie e quelle delle nostre persone più care, ci fanno compagnia.
Talk to Me: Design and the Communication between People and Objects[1] è una mostra del MOMA di New York conclusasi il sette novembre scorso, che raccoglie più di 200 progetti “parlanti”: oggetti, strumenti, dispositivi, siti web e servizi. I progetti spaziano da arte a design passando per datavisualization, interaction design e critical design e toccano argomenti fra i più disparati. Molti sono prototipi, molto pochi sono commercializzati, tutti esplorano territori più o meno visionari, più o meno futuri. Quale di questi progetti diventerà un oggetto di consumo? Cosa verrà prodotto e popolerà le nostre vite? Talk to Me si propone di esplorare l’amplificazione delle possibilità di comunicazione, il nuovo equilibrio fra tecnologia e oggetti, e la possibilità per i designer e artisti di rendere i progressi tecnologici più o meno accessibili alle persone comuni.
Se qualcosa caratterizza questi progetti, è in primis la materia prima. La materia grezza del design è cambiata: non è più solo legno, ceramica, testo o immagini, ma un nuovo tipo di materia che incorpora tangibile e intangibile, informazioni e connessioni, materiali classici, hardware, nuovi e vecchi media. La materia è un medium a sè stante, e sta al designer scegliere quale elemento utilizzare al momento giusto a seconda del progetto; che sia tramite un sito web, un tavolo o un semaforo “la chiave per una comunicazione efficace ed elegante è scegliere il canale giusto, il giusto interprete” spiega Paola Antonelli, curatrice di Talk To Me, nel suo saggio introduttivo alla mostra. Un approccio olistico che considera la “materia” come un tutto, genera libertà nella scelta del canale e se “Il medium è il messaggio” sottolinea un cambiamento nella sostanza e nelle caratteristiche dei progetti.
Paola Antonelli descrive il nocciolo del cambiamento nel design contemporaneo come lo spostamento dalla centralità della funzione alla centralità del significato. Prendiamo ad esempio Sidetrack[2]: un discreto tavolino da salotto equipaggiato da un braccio mobile che disegna grafici con pennarelli colorati, registrando quanto e come vengono usate le diverse stanze di una casa da chi ci vive. Sidetrack è stato progettato da J. Barcikowsky, M. Pagura e J. Key per persone che lavorano da casa, persone che vivono in uno spazio in cui domesticità e professionalità non hanno barriere fisiche definite. Come Artificial Biological Clock[3] di Revital Cohen o Happy life di J. Auger, J. Loizeau, R. Zwiggelaar e B. Rajoub, Sidetrack è una sorta di “elettro-data-domestico”: un oggetto intelligente che si integra elegantemente nell’ambiente casalingo. L’elemento centrale di Sidetrack, come degli altri progetti raccolti nella mostra, non è la forma o funzione del tavolo o dei sensori che usa, ma il significato del progetto, i messaggi che trasmette e le riflessioni che è in grado di provocare: quanto è importante la possibilità di disegnare le routine di lavoro a casa? Che rapporto svilupperà l’utente con l’oggetto? Migliorerà il suo stile di vita?
Khoi Vinh, nel suo saggio compreso nel catalogo di Talk To Me, sottolinea le caratteristiche precipue del designer contemporaneo. Precedentemente il designer era il genio creativo da cui dipendeva totalmente la narrazione visiva riguardante un’oggetto, una pubblicità o un articolo di giornale. Oggi, i media digitali non comunicano uno a molti ma molti a molti; letteralmente, chiunque può parlare con chiunque in Facebook e Twitter. Il lavoro del designer non è più quindi definire una narrazione unica, ma fornire la tela per un’esperienza, creare uno spazio con regole caratterizzanti che permetta ai singoli utenti di strutturare le loro storie come meglio credono: Il designer come autore, come artigiano che forgia insieme un inizio, uno sviluppo e una fine diventa ridondante in uno spazio in cui ogni partecipante può dare vita al suo inizio, sviluppo e fine sottolinea Khoi Vinh. Nel video Incidental Media[4] di Berg, un piccolo e sperimentale studio londinese, vengono illustrati quegli angoli della vita quotidiana nei quali si potrebbero iniettare “incidentalmente” piccole esperienze, servizi, contenuti e persino giochi. Compaiono le ultime notizie sullo scontrino del bar, tweets sui cartelloni della stazione e creature giocose sulle vetrine dei negozi. Frammenti di esperienze discreti abbastanza da poter essere ignorati, che sfruttano infrastrutture già presenti nel tessuto cittadino. Questo è il punto focale anche di City Tickets[5] di Mayo Nissen, che prende le ricevute dei parchimetri trasformandole in lettere geolocalizzate per il comune da spedire per posta, e usate per raccogliere suggerimenti per una città migliore.
Talk To Me è una raccolta di progetti che sfruttano tecnologie ormai comuni e che cercano spesso di risolvere, sottolineare o portare alla luce problemi emotivamente e socialmente complessi. Progetti che permettono l’esperire situazioni nuove, che evocano utopie e distopie.
Elaborare sul lato distopico è un esercizio reso facile dalla fantascienza mainstream: da they’re watching us a robot dall’aspetto umano, la nostra fantasia è popolata di esempi di tecnologia iper-evoluta usata nella maniera sbagliata. Jamer Hunt, nel saggio che introduce una sessione di Talk To Me spiega: le sfide tecnologiche sono, forse, le più facili da risolvere; saranno quelle etiche, morali, politiche ed emotive con cui dovremmo continuare a scontrarci. Come la tecnologia verrà usata è la vera domanda che Talk To Me provoca: designer, filosofi, politici, panettieri e casalinghe dovranno fare scelte morali, etiche, politiche ed emotive. Quale oggetto compreremo? Quale futuro progetteremo?
D’ARS year 51/nr 208/winter 2011
[1] Pagina di SideTrack sul sito di ciid.dk/education: http://ciid.dk/education/portfolio/idp09/courses/tangible-user-interface/projects/sidetrack/
[3] http://www.revitalcohen.com/project/artificial-biological-clock/
[4] Articolo su Incidental Media sul blog di Berg, contiene link al video: http://berglondon.com/blog/2010/11/03/media-surfaces-incidental-media/
[5] http://www.mayonissen.com/work/citytickets/