Il piccolo sconvolgimento portato nel mondo delle arti dal movimento di occupazione detto “Macao” (iniziato a Milano nel maggio 2012 e in rapida crescita nella città e forse anche oltre) merita qualche attenzione. A partire dall’ambito in cui è nato e in cui si è sviluppato. Qualche osservatore, infatti, potrebbe ritenere che esso non sia affatto un “evento artistico”, ma qualcosa che riguardi il “mondo dell’arte” o delle arti in modo estrinseco, solo perché è stato iniziato al suo interno o ha a che fare con figure sociali o professionali legate all’arte. Noi riteniamo però che una simile visione dell’“arte” sia riduttiva. Se per “mondi delle arti”, infatti, non intendiamo soltanto le istituzioni (musei, teatri, centri di ricerca ufficiali), ma tutte le forze – anche e soprattutto di base – interessate a sviluppare la cultura, non possiamo escludere da questo conto tutte le esperienze volte a contrastare l’operazione di soffocamento che le istituzioni politiche ed economiche stanno mettendo in atto nei confronti di tutta la sfera culturale, dai comparti più sperimentali e “di ricerca” sino a quelli più tradizionali e commerciali. Non c’è dubbio, infatti, che l’attacco alla libertà di ricerca e di sperimentazione artistica conseguente alla più generale crisi economica e finanziaria del mondo “sviluppato” sia il quadro che caratterizza la condizione delle arti oggi. Ma mi pare molto significativo che, nel corso dell’ultimo anno, proprio dalla base siano venute delle risposte vigorose e tenaci a questo attacco: e che alcune di queste risposte non siano affatto difensive e lamentevoli, come troppe volte sono state in passato, ma rivelino invece una sorprendente capacità di rilanciare proprio la dimensione progettuale e partecipativa delle esperienze di resistenza messe in atto.
Le prime novità sono venute, già a partire dall’anno scorso, dai teatri. Il quattordici giugno del 2011, di fronte a una situazione che vedeva la chiusura imminente di uno dei teatri storici di Roma, il Teatro Valle, un’assemblea di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo decideva l’occupazione, con l’intento non solo di assicurare la permanenza di un luogo storico per la cultura teatrale romana e italiana, ma anche di salvare la continuità di un lavoro e la possibilità di continuare un’elaborazione culturale. Fin da subito, quindi, l’esperienza del Valle occupato non è stata quella di una lotta difensiva e arroccata su rivendicazioni corporative, ma è intervenuta sulla situazione di emergenza della cultura in Italia per “ripensare dal basso nuovi modelli di politiche culturali nel paese, attraverso la sperimentazione di una prassi di studio e di autogoverno del teatro”. L’assemblea degli occupanti che da quella decisione è partita, ha portato avanti parallelamente, fin da subito, tanto un’attività di programmazione quotidiana che desse al Valle una certa continuità di prassi, quanto una elaborazione culturale e politica (di politica culturale) capace di disegnare un nuovo quadro in cui inserire le attività del teatro. È evidente, infatti, che il Valle occupato si trovava ad agire in una situazione in cui i tradizionali punti fermi di un’attività teatrale tradizionale (certezze delle entrate, stabilità delle direzione artistica e amministrativa) erano venuti meno. Ma il lavoro compiuto dall’assemblea degli occupanti permetteva di arrivare abbastanza rapidamente all’elaborazione dello Statuto della Fondazione Teatro Valle Bene Comune, presentato alla cittadinanza il venti ottobre 2011. “Si tratta” come diceva il documento di presentazione di quello Statuto, “di un’elaborazione della pratica attiva di governo del Teatro fatta fin qua dagli occupanti, una possibile premessa per la pratica futura di governo di questo Teatro da parte della cittadinanza”.
In poco tempo l’esperienza del Valle si estendeva ad altre situazioni simili, ad altri teatri o cinema la cui esistenza non era garantita dalla usuale situazione “di mercato”, ma aveva bisogno di uno scarto di soggettività: il cinema Palazzo di Roma, il Teatro Coppola di Catania, il Teatro Garibaldi Aperto di Palermo. Mentre, però, cresceva la rete di piccole e grandi occupazioni legate a particolari situazioni “di sofferenza” di teatri e cinema, a Milano iniziava a riunirsi già nell’autunno 2011 un gruppo di persone che si identificavano come “Lavoratrici e lavoratori dell’arte”. La loro prima uscita pubblica avveniva il 3 dicembre 2011, ed era una giornata di occupazione simbolica del PAC (Padiglione d’Arte Contemporanea) di Milano, una fra le tante realtà pubbliche dedicate all’arte nel nostro paese, che menano una vita grama fra tagli di bilancio e insipienza dei curatori. Così si autopresentava questa ancora timida iniziativa: “Siamo artisti, curatori, critici, guardiasala, grafici, performer, attori, musicisti, scrittori, giornalisti, insegnanti d’arte, studenti, tutti coloro che operano nel mondo dell’arte e della cultura. Ciò non significa che abbiamo un’attitudine corporativa, al contrario, decliniamo la nostra specificità e i nostri linguaggi dentro quella comune lotta alla crisi e al precariato che, sebbene in forme diverse, è la cifra del nostro tempo”.
Nei mesi successivi i “Lavoratori dell’arte” sembravano nuovamente sommersi, rientrati in una vita semiclandestina e ignota ai più. Ma questo è solo perché, con pazienza, attenzione al livello del dibattito interno, ma soprattutto con antenne ben sintonizzate su quanto sta maturando nel paese, i Lavoratori dell’arte si stanno preparando al loro prossimo passo. È un passo che lascia il segno. Sabato cinque maggio 2012 le lavoratrici e i lavoratori dell’arte inaugurano Macao, “liberando” la Torre Galfa, un grattacielo accanto alla Stazione Centrale di Milano costruito nel 1959 e mai realmente utilizzato, attualmente di proprietà del costruttore Ligresti. Il successo dell’iniziativa va al di là di ogni previsione: nei dieci giorni di occupazione Macao è frequentato da centinaia e centinaia di persone che affollano i gruppi di studio e i collettivi pomeridiani, e alla sera, in occasione dei concerti o dei djset, arrivano a migliaia. Il quindici maggio lo sgombero, e una nuova fase di straordinaria discussione in pubblico sugli obiettivi e i metodi di questo inedito ed entusiasmante movimento. Che (possiamo esserne sicuri quali che saranno i prossimi sviluppi) ha inaugurato una nuova stagione dei rapporti fra cultura e lotte sociali nel nostro paese, e forse in tutta Europa.
http://www.teatrovalleoccupato.it/
http://www.lavoratoridellarte.org/
http://www.macao.mi.it/
http://www.inventati.org/offtopic/
Antonio Caronia
D’ARS year 52/nr 210/summer 2012