Clusterduck approda a Wrong – Digital Art Biennale di Berlino con il progetto curatoriale Internet Fame, un’indagine artistica sui significati del concetto di “fama” ai tempi del web.
Internet fame è il progetto curatoriale che Clusterduck, collettivo interdisciplinare che lavora al confine fra ricerca, design e cinema, ha realizzato per il Padiglione online e l’Ambasciata offline di Wrong (1 novembre 2017 – 31 gennaio 2018). Il concept dell’evento sonda uno degli aspetti più controversi e incisivi nel panorama dell’arte contemporanea: quello che lega arte e fama.
Come recita l’introduzione al Padiglione:
a differenza di altre qualità umane, che possono essere raggiunte attraverso gli sforzi individuali, la celebrità richiede che esista un feedback esterno; allo stesso modo, il valore di un’opera d’arte è spesso giudicato dal grado di apprezzamento che guadagna presso il pubblico. Per molti artisti la ricerca della fama è un’importante spinta motivazionale per il processo creativo.
Internet e social media stanno rapidamente trasformando questa relazione storica: una nuova generazione di artisti utilizza piattaforme proprietarie come Facebook e Instagram per raggiungere un pubblico globale, direttamente e in tempo reale, aggirando le istituzioni tradizionali e i guardiani dello stabilimento artistico. Le vecchie gerarchie sono scosse, mentre ne sorgono di nuove e il ruolo di gallerie e curatori viene radicalmente messo in discussione, nuovi poteri economici aspettano in agguato.
Considerata la vastità e la complessità del concept, il padiglione è stato suddiviso in quattro stanze: Fame&Sex, Fame&Hype, Fame&Power e Fame&Art. L’opening del padiglione si è tenuto in concomitanza col lancio di Wrong, lo scorso primo novembre: definito come la prima festa post-internet basata a Berlino, l’evento è stato organizzato da Clusterduck e c a r e team[1] in cooperazione con la panke.gallery .
Dopo il lancio della prima stanza, dedicata al concept di Fame&Sex, e animata dagli artisti Aurélie Bayad, Cara Lien, Luis Romàn, Myriam Thyes, Pierre Chaumont e Samuel Fouracre, il 15 novembre è stata aperta la stanza dedicata a un concetto elusivo quanto diffuso della contemporaneità: quello di “Hype”. Le origini di questo termine sono ancora oggi oggetto di ricerca: la maggior parte delle fonti concorda sul fatto che il termine sia emerso dal gergo americano a metà degli anni ’20 come sinonimo di “gioco da ciarlatano” o “truffa” (attorno al 1925); altri significati includono “un aumento improvviso ma solitamente impermanente dei prezzi al dettaglio” (1926), una “storia ingannevole o esagerata” (1938) e “pubblicità esagerata o marketing” (1958).
La sincronicità tra la prima finanziarizzazione e la corrispettiva crisi (tuttora la più drammatica dell’era moderna), l’emergere di correnti artistiche radicalmente innovative, e la diffusione della parola hype, potrebbero essere considerate solo una semplice coincidenza o una banale nota in calce, se il loro rapporto non si fosse avvicinato nel tempo, fino al punto che, di questi tempi, sembra impossibile ignorarla. La stanza del padiglione dedicata a questo concept è animata dal lavoro di artisti come Felix Rothschild, Gregory Chatonsky, Marica Martella, Paulin Rogues, Ruby Gloom, Sheidlina e Violet Forest, ed è visitabile online qui.
La prossima stanza online a venir rilasciata, sarà quella che dialogherà con l’ambizioso concept di “Fame&Power”, includendo i lavori di Carol Breen, Ian Haig, Jessica Goehring, Jules Durand, Kat Ashford, Katrin Krumm, Les Liens Invisibles, Nikolas Müller, Randall Packer e Van Der Borght Bjornus.
Un concept quello che indaga il rapporto tra fama e potere non ancora delineato nella sua forma definitiva, che verrà resa pubblica solo il primo dicembre, ma che già si profila ricco di spunti, e ovviamente, di contraddizioni: se è vero che la ricerca artistica dipende dalla possibilità di vivere della propria arte e che questa condizione sembra essere strettamente correlata al concetto di “fama”, le risorse che le infrastutture web tipiche della new economy aprono in termini di attuazione e ricerca sono senza dubbio varie e allettanti. Tuttavia ci si chiede se il potere economico generato dalla costante attività di tutti gli utenti sui social network verrà un giorno redistribuito, come gli esperimenti californiani in termini di reddito di base sembrano poter far immaginare. O se rimarrà, come avviene attualmente, nelle mani centralizzate di pochi ed elusivi membri di quella che il ricercatore McKenzie Wark ha definito la “classe vettoriale”, i depositari di enormi responsabilità in termini etici, politici e filosofici nei confronti di ogni utente.
Queste le domande con le quali si confronteranno anche gli artisti coinvolti nell’esposizione all’Ambasciata del Padiglione Internet Fame, ospitata alla panke.gallery, e prevista per il gennaio 2018. I dettagli del programma verranno resi noti nelle prossime settimane su http://iamthefamous.me, l’invito a rimanere aggiornati è esteso a tutt@!
[1] Sotto il nome di c a r e team si unisce un gruppo internazionale di artisti, performer, musicisti ,visual artists e DJ, che dal 2016 cura party online, basati sull’universo delle sotto-culture, dello sharing di internet e della diversità