Al Museo della Ceramica e al Circolo Sociale di Lettura di Mondovì (Cuneo), in mostra la seconda edizione del progetto Polvere di Stelle: la rassegna biennale che intende indagare la ceramica in modo inedito, attraverso lo sguardo degli artisti contemporanei.
Esiste nelle Langhe, terra del tartufo bianco e del vino, in provincia di Cuneo, ovvero a Mondovì, il Museo della Ceramica: si trova a Palazzo Fauzone di Germagnano, residenza nobiliare, un guscio raffinato adagiato su una collina dolce, che ospita la seconda edizione di Polvere di Stelle, il progetto curato da Chiara Bertola – inaugurato due anni fa – con l’intento di far esprimere gli artisti attraverso la ceramica, facendo dialogare questo materiale con la storia del museo.
La scorsa edizione aveva ospitato Céleste Boursier-Mougenot e Matteo Rubbi. Oggi ci sono Carla Accardi, Elisabetta Di Maggio, Hilario Isola, Olivia Salvadori, Franco Vimercati e Ai Weiwei.
At the Still Point of the Turning World (Il punto fermo di un mondo che gira) è il nuovo progetto, pensato per questo museo intriso di storia, che attiva un dialogo costruttivo tra vecchio e nuovo.
La ceramica, fragile e nobile materiale, manipolato da artisti remoti e contemporanei, interagisce con linguaggi diversi, dalla fotografia al video e al suono, integrandosi, prima con il museo, poi con il circostante paesaggio delle Langhe, quel secondo museo che anche Iona Friedmann ha scoperto, affacciandosi alle finestre e ammirando l’estensione articolata delle vigne.
La sperimentazione di Carla Accardi è presente con opere inedite: i sei Coni di ceramica, sprizzanti segni e colori, invadono la grande sala del Circolo Sociale di Lettura antistante il Museo della Ceramica, in una danza armonica con l’architettura del grande salone affrescato da Nino Fracchia (1888-1950), mentre le Ricomposte Tinte – ovvero 18 formelle – volteggiano sulle pareti dello scalone del Museo, aggrovigliandosi tra ringhiere di ferro battuto e pareti candide, come un volo d’uccelli, colorato e leggero. Un percorso che ondeggia tra sale multimediali e teche piene zeppe di terraglia locale. Saloni eleganti di un palazzo patrizio accolgono con estremo riguardo antiche suppellettili, piatti e corredi di deschi ordinari.
Ed ecco Elisabetta Di Maggio, con le sue opere fragili e armoniose, che suonano garbate sotto teche di vetro che le cristallizzano: tre carillon che catalizzano il visitatore come un canto di sirena (At the still point of the turning world, 2016). Le guardi e le ascolti, senza muoverti perché temi che si possano rompere, che si ribaltino, che caschino: la caducità del presente dentro delicate tazzine in bilico che resistono al loro stesso movimento con armonia e delicatezza di forme.
Per non trascurare le fragili trame che campeggiano in ordine circolare sulla parete dell’ultima sala gialla (Untitled, 2007), ove la Di Maggio cesella e taglia a mano, con il bisturi, intagli diversi di porcellana cruda, fino a comporre il grande centro, sospeso al muro con degli spilli.
Dal gusto tardo medioevale che ha inaugurato grandiose collezioni di porcellana e ceramica di diversa provenienza (la faenza, il gres, la porcellana e la terraglia), i marchi si insidiano a titolare manifatture e pezzi a prescindere da una classificazione stilistica o dalla conoscenza del materiale. Dall’arredamento alla collezione, la marca impressa agli oggetti in ceramica è la firma dell’autore e testimonia usi e costumi di quotidianità ormai trascorse.
Nelle prime sale, tra teche contenenti raffinate apparecchiature che rimandano alla loro storia e agli ingredienti – la polvere di argilla, il quarzo e i pigmenti – alcuni cestini intrecciati dialogano e si mostrano in silenzio, con la delicatezza quasi impalpabile di una testina, una maschera della Di Maggio (Untitled, 2016) atta a coprire un volto qualsiasi: la precarietà del materiale rimanda alla fragilità della nostra esistenza, piena di ricami e artefatti, delicati quanto caduci. La friabilità persiste nella lotta contro il tempo nello spazio-vita.
E lì vicino, in mezzo a piatti di una quotidianità remota, Ai Weiwei (Porcelain Rebar, 2014) riproduce – con la denuncia che contraddistingue il suo lavoro – i tondini di ferro estratti dalle macerie di una delle 20 scuole rase al suolo dal terremoto della provincia cinese di Sichuan nel 2008. Un omaggio alle cinquemila vittime del disastro causato dal crollo di edifici costruiti al risparmio da una classe politica corrotta.
La fragilità delle nostre esistenze viene svelata accanto ad oggetti che hanno resistito in maniera intrepida alla loro stessa storia.
“Mondovì è stata una realtà importante per la diffusione della ceramica a livello industriale, dall’età napoleonica fino agli anni Settanta del Novecento – racconta la curatrice del museo Christiana Fissore – con aziende medio piccole, che hanno diffuso l’uso della ceramica meno titolata e l’hanno resa accessibile a tutti”. Il progetto Polvere di Stelle è un dialogo tra la laboriosità e i manufatti di un piccolo paese italiano con la storia dell’umanità; dalla fragilità, alla caducità della materia, sino all’infinito della creazione, un anelito e un monito a quello che facciamo e alle orme che lasciamo.
Cristina Zappa
Polvere di Stelle – Seconda edizione 2016. At the Still Point of the Turning World
La ceramica contemporanea di Carla Accardi, Elisabetta Di Maggio, Hilario Isola, Franco Vimercati, Ai Weiwei
Museo della Ceramica | Palazzo Fauzone di Germagnano, Piazza Maggiore 1 – Mondovì (CN)
Circolo sociale di Lettura di Mondovì | Palazzo del Governatore, Piazza Maggiore – Mondovì (CN)
10 settembre 2016 – 8 gennaio 2017
Orari: venerdì e sabato 15-18 | domenica 10-18