Il film animato La Jeune fille sans mains del regista francese Sebastien Lauenbach, interpreta la celebre favola dei fratelli Grimm. Con uno stile grafico sconcertante ed evocativo, riafferma il valore del disegno manuale in un cinema sempre più digitale
La fanciulla senza mani è la storia di un personaggio che si costruisce attraverso un tragico e ineluttabile destino. Venduta al demonio dal padre in cambio di ricchezza, la protagonista lascia la casa natale dove viveva una vita povera ma felice. Privata delle mani, tagliatele dal genitore su ordine del diavolo (così che non possa lavarsi e preservare la sua “purezza”, unica protezione dal maligno), scappa e vive come un animale nella foresta. Aiutata dalla Natura – impersonata nel film da uno spirito dalle parvenze femminili – la fanciulla viene tratta in salvo da un principe. Sposa, diventerà madre allorché il marito è chiamato alle armi. Perseguitata ancora dal diavolo, la ragazza dovrà scappare di nuovo, questa volta con suo figlio.
Il racconto non fa concessioni alle figure maschili, mosse nel racconto da sentimenti di cupidigia e gloria terrena: il padre che arriva a tagliare le mani della figlia per onorare il suo patto con il diavolo; il principe che compara la bellezza della fanciulla allo splendore dei suoi beni e le regala delle mani d’oro, belle e inutili. Fuggendo da quanto rappresentato da questi due personaggi, la ragazza attraverserà diverse prove per ritrovare una libertà salvifica che le permetterà di costruirsi.
La Jeune fille sans mains ripropone una favola senza tempo il cui potere allegorico le permette di attraversare le epoche restando sempre attuale nelle sue tante e diverse interpretazioni. Il trattamento grafico di Sebastien Laundebach è, al primo approccio, sconcertante: lascia allo spettatore lo spazio per immaginare e quindi interpretare gli sfondi delle azioni che si susseguono su una scenografia appena schizzata, ridotta alla più semplice portata narrativa.
Laudenbach lavora a questo film per tre anni. Un’avventura cominciata nel corso di una residenza d’artista a Villa Medici di Roma. Qui il regista decide di riprendere le illustrazioni e l’idea di un suo progetto rimasto in sospeso dal 2001. Da quel momento disegna in completa autonomia la maggior parte del film, con la consapevolezza di non poterlo portare a termine senza fare concessioni e rinunce determinate da tempi e budget limitati. E fa le scelte artistiche giuste, riuscendo a conciliare risorse e invenzioni stilistiche in una poetica efficace e toccante.
Sebastien Laudenbach, davanti all’economia ridotta del film, sceglie di limitare il carattere illustrativo dell’ambientazione: il biancore dello schermo diventa la tela di sfondo della sua storia. Nella quasi totale mancanza d’informazione sul contesto in cui l’azione si svolge, allo spettatore viene concessa la libertà e il piacere di immaginare e ricomporre ciò che volontariamente è stato lasciato vuoto. Una caratteristica forte e innovativa della poetica del film, la cui realizzazione esce completamente dagli schemi tradizionali della produzione cinematografica contemporanea.
Il film, presentato anche al Festival Internazionale del Film d’Animazione di Annecy di quest’anno, è un successo, tanto più pertinente quanto più si discosta dal panorama del cinema d’animazione contemporaneo, orientato ormai esclusivamente al digitale.
Sotto i colpi del pennello del regista, La Jeune fille sans mains diventa il racconto intimo di un personaggio fragile, lontano dagli standard attuali, dimostrando che un film d’animazione può ancora essere un atto artigianale creato con carta e pennelli, nel solco di una tradizione che vede l’autore, solo, davanti alla sua storia.
Frédéric Glon