Ale Guzzetti, pioniere del rapporti tra arte, scienza e tecnologia, in mostra a Vicenza. Il trentennale percorso dell’artista ricostruito nelle tante opere che mettono al centro lo spettatore e il suo rapporto con la tecnologia, dando vita a inusuali riflessioni.
Da diversi anni, ormai, si sente parlare di arti elettroniche, robotiche, multimediali; è però frequente vedere le opere oscillare un po’ troppo dalla parte del virtuosismo tecnologico, puntando sulla sorpresa, sul prodigio ma “peccando” talvolta dal punto di vista teorico. Non è certamente il caso di Ale Guzzetti: basta andare a leggere le sue dichiarazioni di poetica, dare uno sguardo al mare magnum di letture, teorie e intellettuali di riferimento che egli stesso cita per comprendere quanto l’opera sia solo la punta dell’iceberg, la concretizzazione, la sfida comunicativa di un universo dai linguaggi stratificati, l’estrinsecazione della materia di cui son fatti i sogni di questo artista/intellettuale decisamente fuori dal comune.
Dietro a una sorta di scanzonata e autoironica modestia, si cela dunque un artista rigoroso e preparatissimo che infonde nella pratica la teoria, con dimestichezza e gusto nel fare: risultano opere bellissime, da guardare e da capire, sistemi complessi che si inseriscono in una rete di relazioni ricca di risvolti ancora inediti. Proprio su questa sostanziale differenza punta la mostra curata da Monica Bonollo in corso alla Galleria Valmore di Vicenza. Un’antologica sul percorso coerente e produttivo di Ale Guzzetti che va dalle prime Sculture sonore del 1983 fino ai più recenti Robots portrait e Affective robots .
In tutte le opere ricorre la presenza di sensori che intercettano le sollecitazioni esterne e attivano suoni, parole, musica; a Guzzetti interessa soprattutto l’aspetto filosofico, la ricerca alle origini della fascinazione del genere umano per la tecnologia e per la continua elaborazione di strumenti sempre più sofisticati, estensioni, protesi dei nostri arti e dei nostri sensi, ma inevitabilmente anche delle nostre coscienze. In ogni tecnologia – Scrive Ale Guzzetti – è sottesa, all’apparente razionalità, una spiritualità che ricerca motivazioni. Ci trasformiamo in esseri sincretici capaci di unire scienza, arte e spiritualità.
Le recenti ricerche di Guzzetti sono sempre più orientate verso la robotica. Particolarmente significativi i suoi Affective Robots, busti scultorei in alluminio, plastica e circuiti elettronici, dotati di occhi tecnologici che permettono alle opere di dialogare tra loro e interagire con l’osservatore; oppure hanno effigi antropomorfe che ci fanno entrare in immediata empatia, in un mosaico di proiezioni e identificazioni.
Qui entra in gioco anche il dialogo con le convenzionali “arti plastiche” e i robot si confrontano con sculture del passato o ammiccano allo spettatore. Le opere di Guzzetti, scrive la curatrice della mostra, danno vita a un mondo ibrido che stabilisce una relazione inedita tra le diverse forme di “esseri viventi”. Proprio qui sta la sua innovazione.
Il lavoro e la ricerca artistica di Guzzetti sono frutto dell’ibridazione di più sistemi, rompono gerarchie, rovesciano punti di vista e originano immaginari che spostano il centro in un non-centro, in un altrove dove la realtà (arte compresa) sta nelle relazioni e nelle condivisioni.
Dies Irae from Lorenzo Baldi on Vimeo.
Tra le recenti esposizioni ricordiamo la partecipazione alla collettiva appena terminata Rabenschwarz, (Bamberga, 30 aprile, 12 giugno) nella quale l’artista ha presentato Robotic Gregorian Choir – Dies Irae, un’installazione di grande impatto che conferma la visionarietà di un pensiero introietta tutti gli elementi di una contemporaneità che fa da ponte tra passato e futuro: L’interattività ha superato il vecchio sistema di rappresentazione televisiva, facendo riaffiorare il più antico elemento del teatro, del rito, del sacro: la condivisione. Vuole essere riconosciuta come un vero, paritetico, nodo cognitivo sincretico dell’uomo.
Cristina Trivellin
Ale Guzzetti, Sculture che osservano: dal 6 maggio al 24 luglio
Disponibile in galleria il catalogo delle opere con il testo critico della curatrice
Valmore Studio d’Arte, Vicenza