In corso al MACRO – Museo d’Arte Contemporanea di Roma, Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea. La mostra a cura di Antonella Sbrilli e Maria Grazia Tolomeo, è interamente focalizzata sulla tematica del tempo che da sempre ha attirato l’attenzione, la riflessione e lo studio di artisti, scienziati e filosofi di ogni epoca.
La narrazione della mostra Dall’oggi al domani offre un luogo in cui potersi fermare a riflettere sul concetto di tempo, che oltre ad essere da sempre una dimensione percepita in modo totalmente relativo e soggettivo, sul piano oggettivo e condiviso dell’esperienza, pare oggi dilatarsi e non seguire più i ritmi tradizionali. Complici e causa di queste trasformazioni Internet e soprattutto i social network nei quali la quotidianità si svolge e si rappresenta in un eterno presente. A ricostruire le diverse interpretazioni concorrono circa settanta opere, esposte secondo un percorso tematico che rispecchia la vastità e complessità dell’argomento trattato.
L’esposizione si apre con Dall’oggi al domani (1988), piccolo ricamo di Alighiero Boetti, artista che ha spesso giocato col tempo; sembra siano le sue opere, infatti, a dettare i Ritmi della mostra, che si concentra maggiormente sull’unico momento – come ebbe già a sottolineare Agostino ne Le Confessioni – realmente esistente e misurabile: il presente.
L’Oggi, Domani o comunque momenti che possiamo far ricadere sotto il nostro controllo. Questo sembrano comunicarci Mario Ceroli con l’opera Oggi Domani Giorno Notte (1972) in cui ferma il tempo in modo asettico ed Eliseo Mattiacci che nelle sue lastre Alba, Giorno, Tramonto, Notte (1975-76), fonde insieme simbologia alchemica e tempo reale. Fissità che tuttavia anticipa una certa fluidità ristretta, ripetitiva e seriale riscontrabile nella sezione Giornate di lavoro. Interessante è in questo caso il lavoro utopico di Roman Opalka che, a partire dal 1965, inaugura la serie di tele Détail scrivendo su di loro la progressione di numeri interi a partire dall’ uno, con l’obiettivo impossibile di raggiungere l’infinito. Oppure le opere di Claudio Adami, che trascrive su svariati supporti le opere di Beckett. In Codex (2014) osserviamo come la fitta trascrizione si sovrappone fino a diventare irriconoscibile.
Il valore della data come segno principe dell’oggi è al centro della riflessione di On Kawara che dipinge su tela le Today Series (1975) aderendo completamente al presente. Stesso concetto ripreso in modo ironico e raffinato da Francesco Vezzoli che, omaggiando Kawara, in I embroideread (2000) ricama le date sottolineando così la serialità e la ripetizione del gesto di misurazione degli istanti che si susseguono.
Le date assumono invece un carattere particolare quando vengono racchiuse nei Calendari: ce lo indica bene Maurizio Cattelan nella sua Grammatica Quotidiana (1989) dove scopriamo un calendario composto unicamente da foglietti strappabili in cui è ripetuta sempre e solo la parola Oggi. Oggi è oggi, e lo sarà anche domani.
Sono i Diari gli strumenti che tentano di renderci sempre presente il passato grazie alla trascrizione delle nostre memorie. Ma se GhostWriter (2016) di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, fondatori di AOS (Art is Open Source), ci permette di vedere un diario intelligente che grazie ad un algoritmo raccoglie dati dalle tracce che lasciamo in rete per poi elaborarli creando identità collettive, al contrario questo strumento non è sempre efficace nel preservare la memoria, sembra dirci Pablo Rubio con la sua installazione Diarios de Navegación (2016). I diari della madre colpita dall’Alzheimer, le note scritte di proprio pugno in vent’anni, si sgretolano di fronte ai nostri occhi.
Il tempo è dilatato nelle visioni di Ben Vautier e Gianfranco Barruchello che ci presentano, nella sezione Passaggi, un universo in cui esso non ha centro. Così come ci indica Franco Vaccari con la sua Esposizione in tempo reale n. 4. Lascia su queste pareti una traccia fotografica del tuo passaggio, documentazione fotografica del lavoro svolto nel ‘72 alla Biennale di Venezia in cui invitò il pubblico a fotografarsi in una cabina fotografica. Espressioni che ci introducono infine nella sezione 24 ore dove è degno di nota il lavoro di Darren Almond. Giganteggia nella sala la sua opera Tuesday. 1440 Minutes (1996), una sequenza fotografica di 1440 immagini scattate minuto per minuto che registrano il cambiamento della luce nel suo studio nell’arco di una sola giornata.
Alla fine del percorso espositivo troviamo una grande installazione di Zaha Hadid, omaggio all’architetta recentemente scomparsa, che riprende la forma del serpente, da sempre simbolo della ciclicità, che sembra abbracciare idealmente tutte le opere precedenti.
Massimo Rosa
Dall’oggi al domani. 24 ore nell’arte contemporanea
a cura di Antonella Sbrilli e Maria Grazia Tolomeo
MACRO, Roma, fino al 2 ottobre 2016