Non c’è suono, l’immagine è in bianco e nero. C’è un bancomat e davanti al bancomat, un uomo con le mani appoggiate sulla macchina, ma non sta prelevando dei soldi. Sta saltando. Si agita restando in equilibrio nel vuoto, senza mai cadere. Le sue gambe si muovono come se stesse nuotando, in una sfida alla legge di gravità. L’immagine procede a scatti, il montaggio è volutamente impreciso. L’azione dura realmente pochi secondi, ma il ritmo del (falso) loop è ipnotico. Il corpo dell’uomo continua a oscillare e vorremmo vederlo cadere una buona volta, tornare alla verticalità conquistata agli inizi della nostra evoluzione come specie. Niente. A un certo punto, il nero ci coglie di sorpresa. L’immagine si è interrotta prima che la magia del “salto col bancomat” si dileguasse. Questo è Draw (2013) di Samson Kambalu, esposto con un’altra quindicina di brevissimi video alla Biennale di Venezia. Tutti rigorosamente muti e in bianco e nero, i video sono proiettati contemporaneamente sulle quattro pareti ad altezze variabili. Una collezione di piccole cartoline animate di azioni semplici e ripetute, quasi tutte ai limiti dell’assurdo (…).
Simonetta Fadda
D’ARS anno 55/n. 221/autunno 2015 (incipit dell’articolo)
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