Torniamo nuovamente sul festival Les rencontres de la photographie di Arles (che prosegue fino al 20 settembre) per parlarvi di alcune delle mostre allestite presso la vecchia officina ferroviaria della città (Grande Halle, parc des Ateliers), in particolare di Nul Jour dell’artista parigina Pauline Fargue (1975), lavoro vincitore dell’edizione 2015 del premio dedicato agli artisti emergenti, Prix Decouverte.
L’opera, intimista e dal tono diaristico, è costituita da una serie di piccoli quaderni di appunti e immagini. Nel lavoro di Fargue c’è una combinazione di narrazione e poesia, ma anche di gioco e illustrazione; tra le pagine dei piccoli libri fatti a mano osserviamo linguaggi differenti (fotografia, scrittura e illustrazione) in una fitta trama interrotta da minimi vuoti e brevi spazi bianchi.
Il connubio tra segno e stampa su carta, tra naturalezza e ricerca, contraddistingue l’opera, disegni e scrittura in alcuni tratti si uniscono, si sovrappongono, in certe pagine sono contenuto, ma anche forma e spazio che si innesta tra le immagini.
Pensieri, ritratti e paesaggi raccontano storie familiari: pagine di un archivio da cui vengono “estratte” alcune fotografie riportate su parete a grande dimensione. Gli scatti sono caratterizzati dalla delicatezza e dagli affetti, da originali punti di vista che rivelano l’impeto creativo dell’artista.
Vengono mostrati uomo e natura, interni ed esterni in piccolo e grande formato. Spazi e paesaggi, dove la presenza umana è assente, si alternano a ritratti, sguardi, attimi di vite e vissuti: l’osservazione si focalizza su momenti del quotidiano, inoltrandosi nelle storie personali dell’uomo e ancor più della donna, su cui l’artista si concentra. Infine l’unione delle due realtà, l’uomo si fonde al contesto ambientale in una raffinata e rassicurante armonia tra le parti, un tono pacato, semplice ma incisivo, arriva in profondità, riuscendo a rivelare la bellezza dei due universi. Il tutto immerso in “un lento, dolce, eterno presente”.
L’officina accoglie anche le mostre di altri artisti, caratterizzandosi come uno dei punti espositivi di maggior interesse del festival. Tra questi Tourisme de la desolation di Ambroise Tézenas, lavoro che mostra alcuni luoghi del mondo visitati per gli eventi negativi da cui sono stati segnati. La sua indagine, che si potrebbe considerare quasi antropologica, prende in considerazione l’elevato interesse per i fenomeni agghiaccianti, una ricerca attuale che ci invita a riflettere sul rapporto che si crea tra l’individuo e un determinato spazio.
In Affaires privée Thierry Bouët mette in esposizione i più svariati oggetti destinati alla vendita online correlati ai proprietari dei beni: un uomo con stivali italiani da equitazione (200 euro), un signore di una certa età a bordo della sua barca nel giardino di casa (12.000 euro), un manichino degli anni ’50. L’artista contatta direttamente gli inserzionisti di un sito francese, domanda se l’oggetto in vendita è ancora disponibile, si presenta e gli chiede se sono disposti a farsi fare un ritratto. Nasce così la serie di immagini insolite con scenette di personaggi in azione. Gli oggetti diventano soggetti, occasioni per una ricerca artistica invece che commerciale.
Barbara Amadori