La storia aggiunge che, prima di morire o dopo morto, si seppe di fronte a Dio e gli disse: <<Io, che tanti uomini son stato invano, voglio essere uno e io>>. La voce di Dio gli rispose da un turbine: <<Neanch’io sono; io sognai il mondo come tu sognasti la tua opera, mio Shakespeare, e tra le forme del mio sogno sei tu, che come me sei tanti e nessuno>>.
Jorge Luis Borges – Everything and Nothing da l’Artefice
Il film Holy Motors (2012) di Leos Carax, acclamatissimo a Cannes ma non distribuito in Italia, segue ventiquattr’ore della vita di Monsieur Oscar (Denis Levant) ) attraverso dieci appuntamenti di lavoro della giornata. Il lavoro di Oscar è quello di vivere (o interpretare) vite diverse. E come Shakespeare nel racconto di Borges, è tanti e nessuno.
È un affarista finanziario, un vecchio mendicante, un performer di realtà virutali, il Signor Merde (personaggio già incontrato nel film Tokyo! del 2008), un killer dei bassifondi, un vecchio morente. Perché lo faccia, non ci è dato saperlo. “Per la bellezza, la bellezza del gesto” si limita a dire il protagonista. Oscar gira per le strade di Parigi a bordo di una limousine, accompagnato dalla segretaria-autista Céline (Edith Scob). Le limousine, le macchine, i motori sono simboli di un’epoca appena conclusa. Come anche la macchina da presa e il proiettore. Rappresentano un mondo che sta per scomparire, perché sempre più virtuale.
Carax rende omaggio a grandi registi come King Vidor e René Clair ed esplora diversi generi: dal film intimista all’action movie all’americana, dal grottesco al musical. E lo fa senza intellettualismi. Il film si apre con le sequenze cronofotografiche di Eadweard Muybridge (1830-1904), studi sul movimento che furono fondamentali per lo sviluppo della tecnica cinematografica. E in una scena del film Oscar corre su un tapis roulant con dei sensori che lo trasportano in una realtà virtuale (motion capture 3D). Dalle origini al futuro, quindi.
È un film sul cinema, un omaggio alla settima arte. La prima inquadratura mostra una sala cinematografica. Il pubblico è immobile, paralizzato. Un uomo – il sognatore- si sveglia. Una parete che sembrava solidissima si scopre essere fatta di cartone. Sulla parete vi è rappresentata una foresta, la selva oscura, archetipo di ogni viaggio di conoscenza. L’uomo crea un varco nel muro e si ritrova nel cinema. Che cos’è reale? Che cos’è virtuale?
Oscar vive dieci vite, reali o immaginarie. E mentre la sua giornata si sta per concludere, la canzone Revivre di Gérard Manset ci dice: “Noi vorremo rivivere, che significa vivere ancora la stessa cosa, il tempo del riposo per noi non è ancora venuto”. La condizione umana si ripete sempre uguale, come dei motori sacri.
Eleonora Roaro