Le sale cinematografiche italiane hanno accolto il 2015 con tre grandi produzioni: The Imitation Game, American Sniper e Big Eyes. Diversi per storia, stile e successo al botteghino, questi film sono uniti dalla medesima etichetta di genere, quella di “biopic”, il termine inglese che designa i film biografici (biographical pictures); nonostante non sia nuovo, il filone sta conoscendo un momento davvero felice e, dopo avere fatto incetta di premi nei due, tre anni passati, continua ad essere sulla cresta dell’onda.
The Imitation Game di Morten Tyldum racconta la vicenda del geniale matematico britannico Alan Turing che, all’epoca del secondo conflitto mondiale, fu incaricato dai servizi segreti del suo paese di risolvere la codifica di Enigma per intercettare i sottomarini tedeschi; oltre allo scenario di guerra, il film attraversa il dramma personale di Turing, incriminato e incarcerato per essere omosessuale in una nazione e in un momento storico che punivano tale tendenza. American Sniper è il caso filmico di questo inizio 2015. Clint Eastwood porta sul grande schermo la vita del tiratore scelto Chris Kyle, un bravissimo cecchino della Navy Seal che, rientrato dalla guerra in Iraq, è stato ucciso da un vicino di casa dopo avergli impartito lezioni di tiro.
Big Eyes è invece firmato dal visionario Tim Burton, questa volta alle prese con la storia della pittrice americana Margaret Keane. Lontano dai mondi fantastici e surreali di Beetlejuice e di Alice, il regista si confronta con la narrazione di un’artista geniale che cede la propria identità artistica al marito William Keane per vendere le opere difficilmente vendibili con la firma femminile; questo gioco finisce per sovrastare William a tal punto da fargli scordare il vero artefice delle opere, mescolando realtà e travestimento in un perverso e distruttivo meccanismo.
Elena Cappelletti
D’ARS year 55/n. 220/spring 2015 (incipit dell’articolo)
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