Dopo il lungo viaggio americano, iniziato dai luoghi orginari del Nord e conclusosi con l’autenticità dei linguaggi di San Paolo (vedi San Paolo parte 1 e San Paolo parte 2), l’atlante avvia l’altrettanto ricco capitolo dedicato all’Europa e alla sua eterogeneità nazionale. Non è facile individuare sulla mappa del vecchio continente un luogo più significativo che un altro: il carattere underground e la relativa libertà creativa che si respira a Berlino, rendono questa città facilmente classificabile come una delle capitali dell’arte urbana. D’altra parte a Parigi negli anni Ottanta e Novanta, si scrive la storia della nascita della Street art. Infine Londra, che anche per affinità linguistica costituisce uno dei primi porti di approdo della cultura dei graffiti americani.
Londra oggi preserva una biodiversità di creazioni urbane forse unica. Un catalogo ricchissimo e in buona parte non riscontrabile altrove. Sono molti gli artisti locali e stranieri che qui hanno trovato stanza permanente e quasi esclusiva – non che la città offra sempre un ambiente ideale, anzi. La capitale britannica è, per l’appunto, la città più sorvegliata al mondo, in effetto di un capillare sistema di telecamere a circuito chiuso (CCTV) attive 24 ore su 24, e sono numerose le ricadute che tale primato determina sul fronte della progettazione e dell’azione di artisti che operano illegalmente.
Il contagio con il wild-style newyorkese giunge, oltre che attraverso i soliti canali mediatici dei documentari hip-hop e dei libri come Subway Art, dall’esperienza diretta di alcuni giovani ragazzi inglesi, come Coma e il fratello Kis 42, che tornano a casa dagli USA con un ricco bagaglio di conoscenze in materia di graffiti. Corre la prima parte degli anni Ottanta e writer americani come Futura 2000 hanno già visitato gli estremi occidentali della Metropolitan Line, nell’area a nord-ovest di Wembley, battezzando i luoghi del sistema della Tube londinese che, per abbondanza di depositi e larghi tratti di corsa delle carrozze in superficie, diverranno quanto prima il principale recinto d’azione dell’avanguardia del writing anglosassone.
Su “The Big Met” – così viene soprannominata la linea – , nei pressi di Rickmansworth, vengono dipinti nel 1985 i primi treni della capitale; autori i membri dei TCA (The Chrome Angelz), di cui sono parte anche Mode2 e Zaky, quest’ultimo presente sui muri già dal 1982. “The Little Mets” – corrispondenti alla Hammersmith & City e alla Circle Line – costituiscono altre piste battute, sfruttate dai writer per i treni dalle fiancate piatte. A Covent Garden il sabato pomeriggio si radunano gli Stati generali del writing locale di quegli anni: ci sono i membri della CD (Criminal Damage), “padroni” della Big Met, così come Set 3, Coma, Tilt, Reme, Cast, poi ancora Robbo, Fuel, Drax e Mode 2.
Durante gli anni Novanta la scena locale vede protagonisti assoluti gli esponenti della DDS, tra questi Zomby, uno dei writer più prolifici in quel periodo e un punto di riferimento stilistico. Panik e la sua ATG crew segnano il passaggio al decennio successivo. Il loro logo ad iniziali incrociate è familiare a molti luoghi di Londra, specialmente a Camden, dove le lettere di Panik puntellano il panorama dei tetti, dei ponti e dei lungolinea rosso mattone. L’atmosfera friendly-alternative di Camden Town è familiare anche a Tox, membro della DDS, divenuto un’icona più che per il suo stile, scarno ed essenziale, per la quasi ossessiva presenza su ogni supporto urbano della sua tag seguita dall’anno di produzione.
Molta attenzione attorno alla sua figura si è creata nel 2011 dopo che l’arresto di Tox, poi condannato a ventisette mesi di carcere, ha ispirato Banksy nel realizzare a Camden un lavoro a lui dedicato. Ironia o solidarietà, l’immediata protezione e sorveglianza riservata all’ultimo muro della celebrità di Bristol ha fatto emergere un tema molto sentito sulla scena urbana londinese, quello della differente immagine attorno a writer e street artist, ulteriormente catalizzato dalla condanna di Tox per mancanza di qualità artistica imputata alla sua mano, su una scala da zero a Banksy.
Il disaccordo originario tra questi due campi – prevalentemente di tipo tecnico/estetico – si è notevolmente inasprito negli ultimi anni a causa del notevole riconoscimento pubblico, istituzionale e commerciale raggiunto dalla Street art, di cui Londra, mediante il successo guadagnato da Banksy, costituisce uno dei primi centri di irradiazione. Quando Banksy, nel 2009, stravolge attraverso una sua opera un pezzo di King Robbo, datato 1985 e considerato la più antica testimonianza ancora intatta del writing londinese, lo scontro personale tra i due artisti che seguirà a questo episodio troverà ulteriore significato nella contesa graffiti vs. street art, di cui ne diventa vero e proprio paradigma.
La lunga battaglia, documentata da Channel Four nella produzione video Graffiti Wars (2011), ha visto gli alfieri dei rispettivi mondi, aiutati dai loro sostenitori, sfidarsi a colpi di violente alterazioni e rifacimenti delle opere altrui lungo i muri fiancheggianti il Regent’s Canal a Camden Town, e non solo, concludendosi con il finale omaggio di Banksy al contendente dopo che un grave incidente costringerà quest’ultimo al coma, sino alla morte sopraggiunta nel 2014.
Egidio Emiliano Bianco