Roberto RUP Paolini è un giovane regista milanese che nel 2014 ha girato e prodotto il documentario La visione romantica. Come ama definirla Roberto, La visione romantica è una chiacchierata sull’amore dove, ai pareri di personalità come Gianni Canova e Francesco Alberoni, si alternano quelli di amici, raccogliendo elementi e spunti di riflessione su uno dei soggetti più comuni, ma difficili di sempre: l’amore. San Valentino è “il” giorno degli innamorati e al cinema non potevano che uscire due film come Romeo & Juliet di Carlo Carlei e il tanto chiacchierato, atteso, discusso Cinquanta sfumature di grigio di Sam Taylor-Wood; il documentario di Roberto non è in sala (ma speriamo che prima o poi lo sia), ma averlo incontrato è stata l’occasione per parlare del tema con uno sguardo differente.
[E.: Elena, intervistatrice – RUP: Roberto, regista intervistato]
E.: Partiamo dal titolo del tuo film, La visione romantica. A cosa ti riferisci? Come l’hai scelto?
RUP: È stato difficile trovarlo, perché ne avevo molti in testa; alcuni li ho reimpiegati come denominazione dei cinque capitoli in cui è diviso il film. La visione romantica è il cuore del film, che vuole parlare dell’ideologia che condiziona la nostra formazione nei confronti dell’amore e del rapporto amoroso. Nella strutturazione del film ho considerato tutto, dal Don Giovanni alle visioni più popolari e radicate, in modo da osservare senza pregiudizi le diverse tipologie d’amore.
Il titolo rischia di limitare l’idea che è dietro ad un’opera, al film stesso nel mio caso. All’inizio avevo pensato a Manuale d’arredamento, per usarlo come parallelismo ma poi l’ho scartato per il rischio di restringere troppo il lavoro.
E.: Qual è la tua visione romantica?
RUP: Per usare una metafora “fruttifera”, alle due metà di una mela preferisco l’immagine di due cilegie. In un rapporto d’amore ci sono due individui, indipendenti, che decidono di affiancarsi in un percorso; nella mia visione non si crea dipendenza tra i due. Il film però non parla della mia visione romantica: ho voluto raccogliere elementi diversi per far riflettere chiunque arrivi all’opera. Ognuno ha il proprio vissuto, la propria storia e i propri pregiudizi: ho voluto dare elementi di riflessione che potessero arrivare a tutti.
E.: Il film raccoglie interviste fatte ad amici e a professionisti. Parlano il sociologo Francesco Alberoni, il critico cinematografico Gianni Canova, la filosofa Laura Boella, la psicologa Donatella Marazziti. Come hai deciso chi intervistare e perchè?
RUP.: Premessa: il documentario è una ricerca e tu cresci con il film, scoprendo cose impreviste. Inizialmente, per “La visione romanitca”, avevo in mente una lunga chiacchiera sull’amore tra soli amici; e infatti avevo coinvolto amici che avrebbero potuto dirmi qualcosa di interessante sul tema. Man mano che il lavoro avanzava sono entrato in contatto con altre personalità, più autorevoli in un certo senso, e quindi ho inserito anche il loro contributo per validare di più determinate posizioni. Un contributo che ho cercato appositamente è stato quello della psichiatra Donatella Marazziti: il suo intervento permette di argomentare la nozione che i sentimenti sono coordinati da una parte neurobiologica su cui non abbiamo controllo.
E.: Quale o quali registi ti hanno ispirato?
RUP.: Pier Paolo Pasolini con il suo Comizi d’amore e Luigi Comencini con L’amore in Italia, inchiesta televisiva di fine anni ’70. Entrambe sono indagini folkloristiche sull’approccio popolare nei confronti del matrimonio e del sesso, un approccio molto lontano da quello che volevo fare io.
E.: Quanto tempo hai lavorato al film e come?
RUP.: Ci ho lavorato due anni. L’idea risale invece a ben prima, al 2005. All’epoca ero a Roma e con un amico avevamo iniziato a confrontarci sul tema dell’amore. E lì abbiamo pensato che mancasse un lavoro che si discostasse dal filone educativo-scolastico sull’argomento.
Nella vita di tutti i giorni ci confrontiamo costantemente con storie d’amore, situazioni romantiche e di affinità: guardiamo film e leggiamo libri sull’amore per capire se siamo adeguati o meno, per capire se nella nostra vita ci comportiamo bene o male.
E.: Quale film sull’amore è più affine alla tua visione? Quale no?
RUP.:Se mi lasci ti cancello di Michel Gondry. Invece Ultimo tango a Parigi è un film che ben racconta l’inganno della mia ideologia romantica.
E.: È stato un caso editoriale e in questi giorni se ne parla tantissimo per l’uscita del film al cinema. Mi riferisco a Cinquanta sfumature di grigio. Cosa ne pensi?
RUP.:Per inciso, Alberoni lo cita nel mio film. Penso sia un’opera che dia sfogo alla fantasia erotica delle donne.
E.: La visione romantica è un documentario che non ha distribuzione. Dove vorresti vederlo?
RUP.: Vorrei che arrivasse a tutti. Non mi interessa se in maniera virale o commerciale. A prescindere del vissuto di ciascuno, credo sia un’opera consultabile come un manuale.
E.: Quale immagine hai in mente per rappresentare la tua visione romantica?
RUP.: La reazione di Barney all’incontro con Miriam in La versione di Barney, romanzo di Mordecai Richler portato al cinema nel 2011. La scena si svolge nel seguente modo: Barney è al suo matrimonio e, durante il ricevimento, vede Miriam, se ne innamora e la insegue. Questo è un esempio calzante di come si sceglie di vivere la propria idea d’amore e l’amore stesso. Essere onesti con se stessi è la cosa più difficile da fare.
Elena Cappelletti