Giulia Palomba
In virtù delle recenti e vigorose scosse sismiche che minano la stabilità della condizione sociale e umana, e a sostegno di un’arte che si fa veramente vita e ne sostiene i diritti trascurando il profitto, è probabilmente lecito citare l’esempio della nuova forma di museo itinerante italiano: il Rockbus o Museo della lotta.
Nel 2009, le produzioni della società Rockwool, nel Sulcis-Iglesiente (Sardegna) vengono bloccate e lo stabilimento smantellato. Rimangono solo i suoi ex-lavoratori, che dopo mesi di proteste decidono di occupare un vecchio pulmino, ormai sede del presidio permanente. Il collettivo di artisti della GiuseppeFrau Gallery e la coppia di artisti e curatori Barbara Ardau e Domenico Di Caterino si affiancano ai lavoratori. Questi ultimi, attraverso un linguaggio performativo, di autorialità collettiva e propulsione virale, protraggono una personale riflessione sulla logica contemporanea dell’arte, esaltandone il potenziale mediatico e legittimatorio ai fini di un sostegno ed una solidarietà sociale, rifiutando prepotentemente l’autoreferenzialità dell’opera e la logica di mercificazione ai fini dell’introito.
Una moltitudine di artisti, sardi e non, vengono coinvolti ed invitati a partecipare attivamente alla protesta, dando così vita ad un intreccio multidisciplinare e multimediale di esperienze umane ed artistiche.
Nasce il Rockbus Museum of Contemporary Public & Social Art, museo itinerante “Simbolo di resistenza ed esistenze”, promotore di una nuova forma di condivisione non solo artistica, ma anche filantropica.
La cultura e l’arte, personificate da artisti di fama internazionale diventano espressione forte dell’umanesimo contemporaneo. Performance di musica psicoelettronica (Marco Fadda), reading ego-solidali tenuti dallo scrittore telematico Tony Pagoda (Manolo Ruvioli), donazioni di artisti visivi come Matteo Campulla e Davide Ligas (movimento oscurantista), sono all’ordine del giorno. Esposizioni, concerti e letture elevano il bus alla carica di palcoscenico, a rivestire il nobile compito di messa in scena dell’-oscena- condizione dei lavoratori cassaintegrati.
Lo spettacolo ha inizio!
Il Rockbus si fa portavoce di un inusuale concetto di arte sociale, non più dada tantomeno post-moderna, non più svincolata dalle ingenti responsabilità che sorgono dal confronto con la realtà sociale, spesso oscena, mai abbastanza degna del ruolo protagonista. Attraverso le iniziative rock promosse da questo fedele e sentito gemellaggio con l’arte, gli operai hanno potuto distinguersi e acquisire visibilità anche fuori dall’isola, cimentandosi in nobili performance, come Equilibrio precario realizzata sul tram n.7 a Milano: i lavoratori in equilibrio su un solo piede per tutto il tragitto raccontano la loro storia ai passeggeri. Assistiamo dunque alla manifestazione epifanica non solo di un’arte antropologica, sociale, che si fa protettrice e garante del sostegno dei diritti civili, ma anche ad una nuova forma di protesta: non più distruttiva, non più solo prepotentemente guidata dal sentimento del riscatto, bensì costruttiva, nobile, aulica. Una protesta che rifiuta la sommossa e sceglie di utilizzare un linguaggio ed un sostegno incontestabile, inattaccabile e protetto dalle possenti mura della sua nobiltà: l’Arte.
Dal diario Rockbus presso isoladeicassintegrati.com
“Con il contributo degli amici artisti di questo territorio che sono diventati parte integrante della vertenza, inviteremo artisti di fama regionale, nazionale ed internazionale, ad intervenire attivamente nella realizzazione di questo sogno. Un’azione concreta, per dimostrare al territorio come la nostra lotta non è solo frutto della disperazione e della crisi economica, ma anche dell’incapacità di progettare nuove prospettive economiche e sociali. Questa è solo la prima delle azioni culturali che ci vedranno portare, anche attraverso altre iniziative “top secret”, il nostro entusiasmo e la nostra determinazione in tour nei luoghi di LOTTA di tutta la Sardegna”.