Nato a Ikeda-cho, Osaka, Daido Moriyama è annoverato tra i grandi della fotografia giapponese insieme ad autori come Shomei Tomatsu e Eikoh Hosoe, di cui è stato allievo, e del quasi coetaneo Nobuyoshy Araki. Meno conosciuto nel nostro paese, un’interessante selezione del suo lavoro è ora in mostra al CIAC di Foligno che proprio con Moriyama, dopo la mostra dedicata ad Edward Weston, ritorna ad occuparsi di fotografia.
Per mettere a fuoco il prolifico percorso professionale e artistico di questo autore, i curatori Filippo Maggia e Italo Tomassoni hanno selezionato circa 120 scatti che a partire dagli anni ’60 ripercorrono, è proprio il caso di dire, il girovagare di questo autore. Sì perché Moriyama (che nasce nel 1938) entra in contatto con la cultura della Beat generation riconoscendosi profondamente nella sua carica sovversiva come anche nell’amore per il “vagabondaggio” e la strada.
Già con i lavori Pantomime e Japan: A Photo Theater la sua poetica si caratterizza per l’interesse rivolto anche agli aspetti della vita quotidiana e urbana, all’attenzione a dettagli svincolati da un contesto narrativo riconoscibile. Sono poi gli anni della collaborazione con la rivista d’avanguardia Provoke a dare slancio alla sua carica sperimentale e innovativa: la rinuncia definitiva ad un’estetica classica e la volontà di dare un nuovo significato all’atto di fotografare, che si può riassumere nell’abbandono dell’interesse nel ruolo documentativo della fotografia a favore di una percezione più libera e personale dell’incontro con l’immagine.
Da una conversazione con Filippo Maggia pubblicata in occasione della prima nazionale di questo artista al Centro Fotografia Modena: “Il mio interesse primario è quello di raccontare la strada e la società che la anima e rende viva. Narrare la realtà. Questo racconto però è mio: non è la telecamera del telegiornale che registra ciò che accade là fuori, ma Daido che ti racconta la strada che percorre”.
È dalla serie del 1972 A Hunter che l’artista stabilisce metaforicamente la sua identità, associando la sua immagine a quella di un cane randagio che compare tra i suoi scatti; mentre è con Farewell Photography, sempre del ’72, che la sua poetica arriva all’estremo con immagini quasi casuali, scatti “sparati nel mucchio”. Moriyama trova proprio in questa (apparente) casualità, anche tecnica, il suo modo non solo di lavorare, ma anche e soprattutto, di entrare in contatto, in relazione con quella realtà esterna fatta di case, quartieri, oggetti, persone estranee. Con la fotografia dunque partecipa delle strade che percorre e proprio con essa vuole restituire esperienze e tracce di esperienze, non documentari (e a questo proposito, risulta rispettosa la scelta dei curatori di non aggiungere didascalie alle immagini in mostra).
Se anche ben riconoscibile nei suoi intenti, l’autore tradisce comunque un ruolo di narratore dei tempi (ciò che il documentario fa volutamente, l’arte lo fa per propensione endemica). Soprattutto nelle prime serie, si fa testimone di una società e di un periodo storico ben preciso: il Giappone nel momento della sua colonizzazione culturale da parte degli Stati Uniti, influenza che, dai manifesti pubblicitari all’abbigliamento delle persone riprese, si rivela con chiarezza anche nell’immaginario estetico dello stesso Moriyama. In particolare in alcuni scatti si ritrova prepotente la presenza di tanta fotografia di autori occidentali da Bresson allo stesso Weston, che lo ha preceduto in mostra proprio al CIAC e con il quale sembra dunque crearsi un timido dialogo.
Parallelamente alla mostra, è stata allestita al piano inferiore del CIAC una selezione video di artisti dell’Estremo Oriente dalla collezione di fotografia contemporanea della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. Sotto il titolo Asian Contemporary, sono presentate le opere di Tabaimo, Yasumasa Morimura, Miwa Yanagi, Kimsooja e Yang Fudong.
Martina Coletti
Daido Moriyama. Visioni del mondo
Centro italiano arte contemporanea – Foligno
Fino al 25 gennaio
Ingresso: € 5,00 – previste riduzioni
Catalogo: Daido Moriyama. Visioni del mondo, Skira (2010).