Siamo circondati da tracce, echi, segni di un passaggio, di un’azione.
Chi abbia compiuto quei gesti, però, non c’è più. Il soggetto manca; restano solo delle presenze che non si possono vedere, ma percepire osservando lo spazio. Immagini apparentemente prive di emozioni, ma pregne di quel passato che, col tempo, ha cambiato forma, ha mutato identità, si è fuso con il paesaggio, diventando un tutt’uno con esso. Ricercare l’“altro” che avvolge la nostra esistenza sta alla base del progetto multimediale/multidisciplinare Mount Fog volto a coniugare fotografia, sound art e video.
Nicola Domaneschi, Marco Verdi, Erich Grunewald (77 anni in tre) sono i fondatori di questo gruppo italo-svedese che da due anni è impegnato a cercare soluzioni progettuali per creare legami forti tra immagini, suono e installazione. Le tre discipline, nel loro lavoro, convivono in modo omogeneo dal punto di vista concettuale, ma ogni aspetto della ricerca vive di vita propria, soprattutto quello sonoro. In questo campo specifico, l’idea è quella di trasformare l’impianto visuale nell’esperienza puramente sonora di un set performativo, con la finalità di ottenere un suono organico a partire da singole fonti, ma allo stesso tempo sfuggente e deteriorato cercando di lavorare per “sottrazione” (Vildmarken Abstraction, 2013).
Il carattere ambiguo della ricerca musicale è ben chiaro anche nella ricerca fotografica di Mount Fog, nella quale emergono le modifiche e le alterazioni del paesaggio, l’uomo e la sua assenza, tutto ciò che è dimenticato, nascosto, rimosso.
Il senso di morte permea in qualche modo l’intero lavoro, non è dichiarato ma è un punto di vista da ricercare, da interpretare, è una voce sottile che guida nella produzione e nella lettura delle immagini. L’assenza dell’uomo è la manifestazione della morte. L’uomo vive, modifica e scompare lasciando segni da decifrare nuovamente afferma Mount Fog.
Tale concetto si può cogliere nella sua completezza nel lavoro Järnspökenas Nedgång, libro fotografico presentato – e integrato attraverso una installazione site specific audio-visiva- nello spazio CRAC Othervision di Cremona (2011-2012).
Il libro fotografico (consultabile e scaricabile dal loro sito) attraverso le immagini esplora i luoghi perduti e inabitati: Järnspökenas significa illusione, Nedgång, invece, decadimento.
Dalle loro immagini questo concetto di effimero emerge chiaramente in modo lieve ed elegante da un’atmosfera che spiazza completamente il fruitore, come se si trovasse avvolto in una foschia dorata; i luoghi appaiono senza tempo, ma colmi di storia da raccontare come se i boschi diventassero delle soglie, le pietre dei muri, la terra dei mattoni d’argilla.
Järnspökenas Nedgång è anche il punto di partenza per la seconda serie fotografica del gruppo che verrà pubblicata a breve sul loro sito ufficiale. Ancora senza titolo, il progetto ha lo scopo di estendere ed ampliare l’estetica e i contenuti esplorati nel primo.
Le cose accadono, ma difficilmente ci sono occhi umani a vedere ciò; non ci sono testimoni. Chi osserva, quindi, è costretto a dedurre o immaginare gli eventi accaduti osservando l’osservabile: il luogo.
di Gaia Badioni
Per tutte le date dei live e per maggiori informazioni su pubblicazioni e performance di Mount Fog:
mountfog.tumblr.com
facebook.com/mountfog